20 January, 2015

La vellutata di cavolfiore e patate

Si dice che Proust odiasse l'odore stagnante dei cibi, e che, per questo motivo, si facesse portare pasti già cucinati da fuori. Questo particolare, che fa parte di un più generale discorso sullo scrittore e la sua non-vita, mi ha sempre fatto riflettere, soprattutto quando cucino i cavoli.
Di recente, ho scoperto il piacere dei cavolfiori crudi in pinzimonio, ma la mia passione è la vellutata: densa, corposa e con molto carattere. Ho messo a bollire due piccoli cavolfiori, ripuliti delle foglie esterne più malconce, insieme a due patate e a due cucchiaini di sale. Devono bollire fino a che la forchetta non riesce a trapassarli agevolmente. Nel frattempo azionate la cappa, aprite le finestre, chiudete la porta della cucina, di più non posso dire. A fine cottura filtrate il brodo ottenuto e tenetelo da parte, perché vi servirà a regolare la consistenza della vostra zuppa. Il rimanente brodo sarà perfetto per le piante, meglio ancora per quelle da esterno, altrimenti il miserando odore di cavolfiore bollito aleggerà su ogni cosa per giorni e giorni.
Con  il minipimer o un passaverdura riducete tutto a purea, un giro di olio evo, ed è fatta.
Non male l'aggiunta di panna acida, per conferire al tutto un sapore mitteleuropeo, oppure di una quenelle di ricotta in ogni piatto, così, come più vi piace, tanto per ricordarci che siamo persone libere.

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